Vogliamo i bestseller anche delle acciughe
Così Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera: “Non c’è prodotto più mercificato della letteratura, l’unico che abbia il privilegio di essere sottoposto alle classifiche di vendita.
Qualche anno fa, sull’«Espresso», Wlodek Goldkorn aveva suggerito di abolire le classifiche perché sanciscono e moltiplicano il successo di un’opera confondendo qualità e quantità. L’appello cadde nel vuoto. Eppure è un uso italiano che (in queste dimensioni) non ha riscontri negli altri paesi, dove nessun giornale si sognerebbe di occupare due fittissime pagine settimanali con i numeri dei libri venduti.
Ci si chiede perché i tanti scrittori italiani molto impegnati, e sempre in cerca di buone ragioni di denuncia, non abbiano mai pensato a una campagna contro quella che si potrebbe definire con precisione filologica la mercificazione quantitativa dei libri (e non dei salvaslip o dei prosciutti). In mancanza di meglio, si potrebbe almeno invitare a un trattamento analogo per gli altri prodotti: alternando o affiancando ai bestseller dei romanzi quelli del caffè, degli analgesici, poi delle paste asciutte (corte e lunghe) e poi dei pesci più venduti (in varie categorie: pesci azzurri, di mare, di lago, molluschi, salmonidi, un po’ sul modello della narrativa italiana e straniera, dei saggi, dei tascabili eccetera). E così via con le birre, i detersivi, i cellulari, i computer. E le borse da viaggio, le creme da barba, le montature degli occhiali? Sempre bestseller sarebbero”