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Una domanda scomoda sulla fiction

Ottobre 2021
Una domanda scomoda sulla fiction

Ruth Franklin, critica letteraria americana, torna a scavare nel rapporto fra immaginazione e realtà recensendo “Quando abbiamo smesso di capire il mondo” di Labatut. Lasciandoci alla fine un dubbio: quando abbiamo smesso invece di capire la fiction?

Il suo pezzo, ospitato nel New Yorker del 6 settembre, parte suggerendo una diversa lettura della famosa frase del Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”: forse è il sogno della ragione, scrive la Franklin, non il sonno, che genera veramente mostri (‘sueno’ in spagnolo significa sia sonno che sogno).

Cioè anche lo scrittore, come gli scienziati di cui parla il libro di Labatut (una fiction storica che lavora su strati diversi di narrazione che opacizzano il confine fra realtà e fantasia), può diventare una sorta di Victor Frankenstein.

La Franklin, che in passato ha sostenuto la capacità dell’immaginazione di illuminare meglio la realtà che non i fatti storici (per esempio nella narrazione dell’Olocausto), pone oggi un singolare dilemma morale: in tempi in cui ognuno si costruisce la realtà come gli pare, e il clima politico è fortemente influenzato dalla fake news, è un atto responsabile da parte di uno scrittore essere totalmente indifferente ai confini fra fiction e realtà?

E come la fisica contemporanea è quasi una forma di follia, perché si affanna a spiegare il mondo e non vi riesce, anche la letteratura sta sfociando ora in una follia non più in grado di mostrarci il mondo?

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