Come penso o mi auguro che finirà la vicenda Garlasco

È uscita ieri una lunga intervista sul settimanale “Gente” del direttore Umberto Brindani sul mio romanzo “Il Garbuglio di Garlasco”, su come sia possibile che già tre anni fa riportasse tutti gli elementi su cui sta indagando ora la nuova Procura di Pavia. È semplice, rispondo sempre in questi casi: bastava leggere le carte processuali.
L’intervista ruota poi intorno alla percezione di pancia, nostra e anche di qualche magistrato, del comportamento e della personalità di Alberto Stasi, subito identificato come “Il bocconiano dagli occhi di ghiaccio”.
E sulla persistenza tuttora nei discorsi di alcuni indizi – come lo scambio dei pedali ad esempio, o un possibile litigio sulle immagini pornografiche nel computer – ampiamente smentiti dai fatti accertati processualmente e dalle perizie.
Come penso o mi auguro che finirà questa vicenda? Naturalmente mi auguro che, nonostante i 18 anni trascorsi, il rigore della nuova indagine porti a una verità incontrovertibile. O almeno, a rispolverare il “ragionevole dubbio” delle prime due sentenze su Stasi.
E spero anche fortemente che, se saranno riscontrati errori di valutazione nella sentenza di condanna, questo non diventi occasione per un attacco generico a tutta la magistratura, un ulteriore strumento per delegittimarne il lavoro.